TRA STORIA E MEMORIA: IL RASTRELLAMENTO DI ROMA NELLE CEDOLE DEI GASISTI

Sabato 16 ottobre 1943. Nella città di Roma una notte di spari sta volgendo al termine. Alle cinque e trenta di mattina, il perimetro dell’ex ghetto ebraico e di decine di altre strade della capitale sono assediate dai militari tedeschi, di guardia alle vie d’accesso. Le urla invadono le scale e gli androni dei palazzi. È l’ultimo giorno di Sukkot, la festività ebraica che commemora il periodo nel deserto vissuto dagli ebrei durante il viaggio verso la terra di Israele. L’operazione di rastrellamento in atto deporta più di mille persone nei campi di concentramento. La maggior parte di loro, costretti ad abbandonare la propria casa, non avrà più la possibilità di farvi ritorno.

Tempio del ghetto di Roma. Jensens, Public domain, via Wikimedia Commons

Il rastrellamento non risparmia nessuno

L’irruzione tedesca nei condomini porta via tutti coloro che vi abitano, senza distinzioni di età o sesso, avanzando di piano in piano, inesorabilmente. Sono pochi i fortunati che riescono a sottrarsi al rastrellamento. Alcuni riescono a fuggire dal retro o dal tetto, altri scappano dalla finestra, altri ancora si mettono in salvo grazie a qualche atto insperato di eroismo o solidarietà.

L’importanza dei documenti nella ricostruzione storica

La storia rivive anche grazie ai ricordi di chi l’ha attraversata e, in alcuni casi, purtroppo, i protagonisti non hanno più voce per raccontare ciò che è stato a chi non c’era. Ci affidiamo, di conseguenza, alle testimonianze rimaste in modo da ricostruire il più fedelmente possibile il corso dell’accaduto. Più fonti è possibile individuare, più dettagliato è il resoconto storico che si riesce a delineare. I documenti prodotti o ricevuti dagli enti o dalle aziende spesso conservano informazioni preziose, che sarebbero altrimenti inaccessibili (anche, ad esempio, per ricostruire le vicende della Resistenza).

Le tracce indelebili della violenza subita dagli ebrei e dalle minoranze durante gli anni del nazismo sono molteplici e assolutamente tangibili. Ancora oggi continuano ad emergere informazioni e dettagli che aiutano a ricostruire le crudeli dinamiche verificatesi durante l’epurazione nazista e le storie di chi le ha subite. L’Archivio Storico di Italgas è uno tra gli enti che dispongono di documenti utili a testimoniare l’entità della persecuzione che si è verificata.

Le cedole del gas, bacino d’informazioni preziose

I tecnici del gas, svolgendo piccole riparazioni presso le varie utenze, attraversano il tessuto metropolitano ed extraurbano. Nel corso degli interventi viene compilata e conservata una cedolina che riporta nome e cognome del cittadino, o la ragione sociale della ditta, indirizzo e tipologia della riparazione svolta, la data e qualche nota. Queste cedole, a differenza di altri documenti la cui conservazione deve essere permanente, secondo i criteri imposti dai vincoli normativi, dopo dieci anni sono scartabili. Nell’ex sede Italgas di Ostiense, allora Romana Gas, si è scelto di fare un’eccezione.

Cedola del gas della Via Reginella 10, Roma.

La serie completa dei resoconti riguardanti i lavori effettuati dai gasisti in tutta Roma e nella Città del Vaticano tra gli anni ’30 e gli anni ’90 del Novecento è stata risparmiata dal macero e destinata, invece, alla conservazione in Archivio Storico. Le cedole forniscono dati importanti che permettono di risalire a utenze di cui si sono perse le tracce in seguito all’occupazione e all’applicazione delle leggi razziali. Gli indirizzi presenti sulle cedole sono stati messi a confronto con la mappa del rastrellamento, con le banche dati del CDEC – Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea e l’elenco delle pietre d’inciampo, con l’intento di risalire a informazioni più precise su quanti furono fatalmente coinvolti e quanti riuscirono a fuggire o furono aiutati da qualcuno a nascondersi.

Con i set fotografici del nostro laboratorio-museo abbiamo avviato una campagna di digitalizzazione delle cedole che, come nel caso della serie completa delle Gazzette della Repubblica Sociale Italiana, vuole restituire alla comunità dei ricercatori un patrimonio condiviso di nuove informazioni, indirizzi e nominativi di deportati e deportate.

Settimia Spizzichino ritorna a Roma

Analizzando le cedole archiviate, che si riferiscono agli anni successivi al 1945, è possibile notare, attraverso gli interventi dei gasisti, la ripresa della vita nella città. Oltre a nuovi residenti, alcuni superstiti della deportazione hanno la possibilità di tornare ad abitare nelle case d’origine. Settimia Spizzichino, deportata da via della Reginella n. 2 con la sua famiglia durante il rastrellamento del 16 ottobre 1943, è stata l’unica donna a fare ritorno.

Liberata il giorno del suo ventiquattresimo compleanno, il 15 aprile 1945, ha dedicato il resto della sua vita a testimoniare l’esperienza vissuta, nell’intento di sensibilizzare i giovani e la società. Molte delle interviste da lei rilasciate nel corso degli anni sono registrate nel quartiere stesso, altre ad Auschwitz. Settimia è mancata nel luglio del 2000, ma il suo ricordo è vivo in una strada di Cava de’ Tirreni e in un istituto comprensivo statale, che recano il suo nome.

Veduta dell’area dell’officina di Romana Gas, a Ostiense.

Nel 2012, nella stessa zona di Roma Ostiense, le è stato inaugurato un cavalcavia e il 15 aprile 2021, in occasione del centenario della nascita, si è onorato il suo ricordo stampando trecentomila esemplari di un francobollo con un bozzetto che la raffigura e la scritta “Sono tornata per raccontare”.