MEMORIE DEL 1944: LA TESTIMONIANZA DEL RESPONSABILE DELL’OFFICINA DEL GAS DI FANO

Il diario dattiloscritto di Cafiero Bilancioni racconta le drammatiche settimane, tra aprile e agosto del 1944, che hanno preceduto lo sfondamento della Linea Gotica da parte degli Alleati, tra i rastrellamenti dei tedeschi e i bombardamenti sempre più intesi.

15 pagine dattiloscritte, conservate nell’archivio di Heritage Lab, racchiudono un resoconto dettagliato e una preziosa una testimonianza in prima persona delle settimane intercorse dal 15 aprile al 26 agosto 1944 nella città di Fano e dintorni, nelle Marche. A firmare il documento è Cafiero Bilancioni, un responsabile dell’officina del gas di Fano che, impossibilitato a mettersi in contatto con la Direzione Generale di Torino, vuole tenere traccia di tutti gli avvenimenti relativi all’officina e agli operai. Da questo suo primo obiettivo, è nato un affresco di vita quotidiana della popolazione fanese, stretta tra i tedeschi in ritirata e gli Alleati che stanno risalendo da sud per sfondare la Linea Gotica, lo sbarramento fortificato che tagliava l’Italia da La Spezia a Pesaro, pochi chilometri sopra Fano.

Linea gotica, [1], Public domain, via Wikimedia Commons

CHI ERA CAFIERO BILANCIONI, L’AUTORE DEL DIARIO

«Disgraziatamente dal 15 giugno sono interrotte tutte le comunicazioni; chissà quante lettere saranno ferme in qualche ufficio postale, siamo completamente privi di notizie della nostra Direzione Generale» (7 luglio 1944)

Nel suo diario Cafiero Bilancioni non esplicita mai il proprio ruolo. Ricostruendo il profilo biografico attraverso la documentazione dell’archivio, sappiamo che era il direttore dell’officina. Tra le attività citate nel memoriale, vi è la riscossione dei pagamenti del gas (finché è stato possibile) e il pagamento degli operai. Nei suoi scritti si raccontano tutti i tentativi di prestiti di denaro tutti i tentativi di prestiti di denaro, richiesti in prima persona al Commissario Prefettizio, al Segretario Capo del Comune, a diverse banche e persino a persone facoltose della città, per pagare i dipendenti. Dalle sue parole si evidenzia una conoscenza dettagliata dell’officina, del suo funzionamento e un incredibile senso di responsabilità, che lo porta a rischiare personalmente la sua vita e quella del figlio Tito per proteggere l’officina stessa, con ronde e controlli anche clandestini, e per impedire furti di materiali di ogni genere.

«Da parte nostra abbiamo il dovere di salvare il salvabile ed è per questo che abbiamo deciso di fare con mio figlio Tito un turno di sorveglianza all’officina sino a quando qualche tedesco non ci scopra e ci porti al comando con la probabilità di inviarci ai lavori di fortificazione» (3 agosto 1944)

A fine giugno comunica nel diario di aver trasferito parte della contabilità e altri documenti a Saltara, la cittadina in collina sopra Fano dove è sfollato insieme alla famiglia. Da questa località cerca di recarsi a Fano più frequentemente possibile, in bici o a piedi, per controllare lo stato dell’officina. Dai suoi scritti si intuisce un certo grado di cultura, perché si ritrovano un riferimento alla seconda guerra punica (nello specifico alla battaglia del Metauro) e una citazione dal Purgatorio di Dante. Data la finalità delle memorie, ovvero quella di riportare ai propri superiori un resoconto per lo più professionale e forse anche per il timore che le pagine vengano lette da altri, Bilancioni non si sbilancia quasi mai in considerazioni di tipo politico, ma si limita a descrivere le azioni dei tedeschi, lasciando intuire il suo giudizio al lettore. Soltanto in un passaggio relativo ai saccheggi commenta: «Ecco il frutto dell’abbandono completo in fatto di educazione e di onestà che il popolo ha avuto in vent’anni, specie per il cattivo esempio dei capi».

«Le mie riserve personali si vanno spogliando sempre più, non rimangono che Lire 350. Bastanti per appena pochi giorni benché si cerchi di economizzare il massimo possibile. Nella mia situazione si troverà la maggioranza degli operai» (1° luglio 1944)

Copertina delle “Memorie dal 15 aprile 1944 al 26 agosto 1944” di Cafiero Bilancioni, Archivio Storico Italgas.

IL CONTESTO STORICO: LA LINEA GOTICA NELLA PRIMAVERA DEL 1944

«Le entrate della città sono bloccate per prendere uomini e condurli a lavorare per tre giorni nelle fortificazioni del Foglia» (6 luglio 1944)

L’8 settembre 1943 l’Italia si arrende agli Alleati: da quel momento i tedeschi procedono all’occupazione della penisola stabilendo il regime collaborazionista della Repubblica Sociale Italiana a Salò, sul lago di Garda, mentre gli Alleati, dopo gli sbarchi nel Meridione, risalgono lentamente l’Italia. In questo contesto inizia a scrivere le sue memorie Bilancioni: dalle sue pagine non è chiaro quante informazioni abbia a sua disposizione, data l’interruzione delle comunicazioni a partire dal 15 giugno, come riporta lui stesso. Nel racconto Bilancioni è consapevole della situazione generale, quindi della risalita degli Alleati verso la Linea Gotica che parte da Pesaro, città appena a nord di Fano, ma non sembra essere informato circa avvenimenti di grande rilievo come la liberazione di Roma (4-5 giugno 1944), di cui non scrive nulla. Nel pieno dell’estate, Fano si trova sua malgrado al centro di uno scontro aspro tra i due schieramenti stranieri e a farne le spese è la popolazione civile.  

«Tutto viene scientificamente distrutto. Tutto il materiale da pesca (vanto della nostra città che la metteva fra le prime dell’Adriatico) distrutto, incendiate persino le più piccole barche, le filande che davano lavoro ad oltre mille donne distrutte, l’officina del gas distrutta, il mattatoio comunale distrutto, e le distruzioni ancora non sono finite, e se avranno il tempo verrà completamente distrutta anche la città, perché dichiarata ribelle» (20 luglio 1944)

In gran segreto per tutti, incluso Bilancioni, a pochi km da Saltara, dove l’autore si trova sfollato con la famiglia, il 25 agosto arriva anche il primo ministro britannico Winston Churchill per assistere all’inizio della grande offensiva nota come Operazione Olive, che porterà allo sfondamento della Linea Gotica: insieme al generale inglese Alexander, Churchill osserva le truppe dell’8° armata dalle colline di Montemaggiore al Metauro, dove oggi si trova un piccolo museo che commemora quella storica visita.

«Si sente vicinissimo il rombo del cannone ed il crepito della mitraglia. La notte il cannoneggiamento è aumentato, la battaglia si avvicina sempre più» (4 agosto 1944)

Winston Churchill (al centro) e il generale Alexander (sulla sinistra) assistono alle operazioni militari dal castello di Montemaggiore, 25 agosto 1944. Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=3565773

IL CONTESTO LOCALE: L’OFFICINA DEL GAS DI FANO

«Il 30 maggio abbiamo spento il forno che era in servizio da circa 1.120 giorni» (introduzione alle memorie)

Nel 1909 nasce la prima società per la distribuzione del gas manifatturato della città di Fano, la Società del Gas di Fano Ing. Amilcare Avignone e C, diventata nel 1913 Società Anonima Gas di Fano e acquistata nel 1926 da Stegas (Società Triestina Elettricità e Gas). Nel 1937 la Stegas si fonde in Italgas con tutte le sue proprietà, fino al 1977, anno in cui l’officina di Fano viene ceduta al comune e il servizio municipalizzato. Negli anni 40, quando Bilancioni si ritrova responsabile, il gas veniva prodotto con la combustione del fossile, materiale che Bilancioni tenta di difendere da eventuali razzie anche a forni spenti, ben sapendo che sarebbe stato fondamentale averlo disponibile per un’eventuale riaccensione.

«Temo molto per il fossile che ancora non è stato toccato; basterebbe che uno incominciasse a prenderlo, che poi la voce si spargerebbe in un baleno, ed in pochissimo tempo tutte le 350 tonnellate verrebbero rubate» (31 luglio 1944)

Fin dalle prime righe delle memorie si apprende che l’officina è un obiettivo strategico per entrambi gli schieramenti, in quanto impianto industriale, situato per di più vicino agli scali ferroviari. Viene infatti bombardata più volte tra il 10 e il 12 giugno, quando Bilancioni decide di lasciare le macerie sparse per dare l’impressione che sia stata gravemente danneggiata e che «non vale la pena sprecare un’altra carica di dinamite». Dal 1° luglio a Fano viene dichiarato lo stato di emergenza, e questo rende le visite di Bilancioni in officina molto più difficili (tenta invano di ottenere dei permessi). L’8 luglio l’officina viene minata e fatta saltare presumibilmente il 19 luglio: il giorno seguente Bilancioni si reca a osservarla da lontano, cercando di descriverne i danni nel suo diario, soprattutto alla sala forni, perché non gli viene concesso il permesso di avvicinarsi. Il 7 agosto riceve notizia dal figlio Tito di ulteriori danni provocati dalle mine, questa volta anche al gasometro.

«Il gasometro da 1000 mc, rimasto intatto nella sua struttura principale, presenta un grande squarcio nella vasca dell’acqua in prossimità della scala di accesso […]. Si aveva la certezza che, fatti saltare i forni, nessun altro danno dovesse subire l’officina, invece la furia devastatrice ancora non si è fermata. Il racconto di mio figlio mi strazia il cuore» (7 agosto 1944)

Gasometro e lavatori dell’officina di Fano, 1950. Archivio Storico Italgas.

LA VITA QUOTIDIANA: I SACCHEGGI, IL LAVORO FORZATO, LA FAME, LA MANCANZA DI NOTIZIE

«Il popolo si è abbruttito al punto di assaltare persino quelli che tentano di salvare le proprie cose; l’anarchia è completa, il tedeschi, quando non cooperano, restano impassibili di fronte a questi vergognosi spettacoli, se ne fregano, quasi ne godono» (1° luglio 1944)

Bilancioni non nasconde le sue personali difficoltà finanziarie, nonché la miseria che dilaga a mano a mano che i tedeschi procedono con le razzie di bestiame o provviste, o fanno saltare mulini e altre strutture cruciali per il sostentamento della popolazione civile. Questo ha dato il via a una serie di saccheggi incontrollati che non risparmiano nemmeno i beni dell’officina (vengono rubati anche i contatori), con grande dispiacere e preoccupazione del suo responsabile. Cafiero Bilancioni racconta in più punti di dover prendere strade secondarie nel suo percorso da Saltara a Fano e viceversa, per sfuggire al sequestro della bicicletta – mezzo di trasporto molto ambito – o ai lavori forzati presso punti da fortificare su imposizione dei tedeschi (per ben due volte Bilancioni racconta di essere stato costretto ai lavori).

«In seguito a tutti questi fatti ho creduto prudente non adoperare più la bicicletta e fare la strada da Saltara (circa 40 km, complessivi) a piedi, partendo la mattina all’alba per essere a Fano alle ore 8 circa e ripartendo nel pomeriggio per essere a casa prima dell’ora del coprifuoco» (introduzione alle memorie)

Particolarmente intense sono, poi, le descrizioni delle giornate dopo la metà di agosto, con i tedeschi in ritirata e i bombardamenti che si intensificano: «Da ieri sera alle 22 siamo tra due fuochi di artiglieria; si vive nei rifugi, non circola nessuno, i tedeschi pare siano tutti passati […]. Il panico è enorme, non si dorme, ci si adagia vestiti su delle coperte, non si fa in tempo a chiudere occhio che le esplosioni dei proiettili riportano alla dura realtà» (23 agosto 1944).

«Da domenica manca anche l’acqua perché sono stati fatti saltare i depositi e le centrali di sollevamento, ho visto che anche i più piccoli molini ad acqua sono stati distrutti, si vuole portarci alla più squallida miseria e farci soffrire la fame» (25 luglio 1944)

L’ULTIMA PAGINA DEL DIARIO: 26 AGOSTO 1944, FANO LIBERATA

«Le prime avanguardie di truppe di occupazione sono entrate in pieno bombardamento verso le 1.45 di questa mattina al grido di: Italiani siete liberati! […] Oggi finalmente si respira aria di libertà. Il cannone che ancora tuona intorno a noi non spaventa, ma rallegra il cuore perché è cannone amico che col suo canto sveglierà dal torpore e renderà liberi altri nostri fratelli che da tanto tempo attendono quest’ora; l’avvenire non sarà roseo, ci dovremo ancora sacrificare, ma il sacrificio è bello o santo quando si compie in piena libertà. Dovremo ricominciare da capo e da capo incominceremo con la persuasione di ricostruire un’Italia degna del suo nome, ma principalmente libera» (26 agosto 1944)


Epilogo delle “Memorie dal 15 aprile 1944 al 26 agosto 1944” di Cafiero Bilancioni, Archivio Storico Italgas.

In quella che Bilancioni descrive come una «giornata di lutto e letizia» l’artiglieria canadese da dato il via all’operazione finale su Fano. Bilancioni è consapevole dell’idea dei tedeschi di punire Fano come “città ribelle” (lo scrive il 20 luglio e lo ribadisce il 26 agosto: «se non fossero stati disturbati dal bombardamento avrebbero, come era loro intenzione, dato fuoco al paese»), ma non sembra aver realizzato che tra il 20 e il 21 agosto i tedeschi in fuga hanno messo a punto quella che sarà poi ricordata come “la strage dei campanili” di Fano: vengono infatti minati e fatti esplodere i campanili e le torri più belle e importanti della città.
Mentre dalla fine di agosto 1944 Fano inizia lentamente a rialzarsi, la storia di Cafiero Bilancioni si inserisce nella grande Storia d’Italia a otto mesi ancora dalla liberazione nazionale, per dare valore alle vicende quotidiane della popolazione di un Paese diviso geograficamente in due, ma unito dalle stesse atrocità e sofferenze della guerra.